di Giuseppe Zaccagni

MOSCA Marciano nelle strade ben inquadrati e a dicembre, in settantamila, hanno anche ricevuto un abito rosso alla babbo natale (o... alla nonno gelo). Si riuniscono regolarmente e hanno a disposizione palestre, stadi, sale di conferenze... e tanti, tanti mezzi e soldi. Sono giovani e giovanissimi reclutati per “sostenere il Presidente della Russia, Putin”. E il Baden Powell locale (Tichon Ciumakov) chiama questi boy-scout russi i “Nasci”. Cioè i nostri. Saranno così anche loro a condurre la campagna elettorale di quello che ormai - senza pudore - viene definito ufficialmente il “Partito del potere”. Che tradotto in termini semplici vuol dire il partito di Putin e dei suoi uomini. Tutti, accanto, avranno i loro “Nasci”. Ma la trovata - pur se funzionale - non è originale. Il precedente sistema sovietico aveva inventato gli “Oktiabriati” (i bambini dell’Ottobre) che, crescendo, divenivano “Pionieri” (camicetta bianca con un fazzoletto rosso) e passavano poi ad essere “Komsomolzi”, cioè giovani comunisti... Ora comincia l’era dei “Nasci”. Perchè ci saranno “Nasci” giovanissimi e non più tanto giovani, ma tutti col marchio di un patriottismo russo... Ed è appunto sugli abbellimenti patriottici della realtà che Putin sta costruendo la sua immagine di leader cercando di far passare sempre più in secondo piano il suo volto di agente del Kgb e di appassionato navigatore nello sporco mare delle oligarchie.
Ed ecco che i “Nasci” - cloni in miniatura dei “nuovi russi” - entrano nel suo giro per acclamarlo forti degli eroi del sistema e convinti sostenitori del nuovo modello di vita. Si muovono sull’onda di una “ideologia” costruita dalla burocrazia del Cremlino con un grande sforzo propagandistico che invita a guardare al futuro prescindendo dalla situazione reale. E così si apre sempre di più la forbice tra l’interpretazione ideologica e quella propaganda politica caratterizzata da un catalogo di frasi luccicanti. Ed è chiaro, nello stesso tempo, che nel processo di formazione dei “Nasci” si ritrovano uniti - al servizio di Putin - economisti, sociologi, psicologi e teorici dell’informazione. L’intera operazione che stanno portando avanti istruendo i boy scout ha come obiettivo quello di santificare il patriottismo russo e di “militarizzare” le coscienze: poco spazio alla informazione e alla discussione, al pluralismo e al confronto. I “Nasci” sono chiamati a giocare in difesa come vere e proprie guardie della “Rivoluzione capitalista” seguita al crollo della “Rivoluzione socialista”.
Sull’onda rivoluzionaria dei grandi padri Eltsin e Putin vanno così a collocarsi i nuovi eroi del momento. Molti accettano il ruolo assegnato, molti si trovano coinvolti a loro insaputa. Comunque sia: è di nuovo regime. Con la Piazza Rossa - simbolo della vecchia Russia e luogo della parata della vittoria sul nazismo - che il sindaco di Mosca Luskov (uno dei personaggi più inquietanti e chiacchierato della nuova Russia) ha trasformato in arena di shaw e in campo di hockey sul ghiaccio; con le sale cinematografiche dove si presentano film che distruggono l’anima popolare; con la televisione (come la Ren-tv) che si impegna nel mostrare atti di sesso dal vivo e nello stesso tempo (nel canale tv3) conferenze di David Kasavei, predicatore della Chiesa evangelica americana.
In questo clima che confonde patriottismo, nazionalismo ed occidentalismo sfrenato c’è spazio per le canzoni di Gazmanov che rispolverano la storia (“Il mio paese è stato l’Urss”); con le parodie di Galkin che infierisce su uno Eltsin suonato ed ebbro; con una cantante come Alla Pugaciova che al posto di una onorevole pensione continua a presentarsi in minigonna; con un regista come Rjazanov che tenta di riabilitarsi dopo aver fatto, a suo tempo, un documentario di lodi per Eltsin; con gli oligarchi predatori della nuova Russia - i vari Abramovic, Evtuscenkov, Gusinskij, Potanin, Khodorkovski, Luskov e signora, Friedman, Aven, Berezovski, Ciubais... - che i media presentano come top-model; con Putin che - sulla scia di Breznev - consegna medaglie ed onorificenze a destra e a sinistra. Importante - come si dice - è partecipare. Tutto confluisce poi nel talk-shaw di Capodanno. Con un Putin che sotto l’albero di Natale brinda alla Russia: non una parola sulla Cecenia e sui conflitti etnici.., nessuna parola sui clan finanziari che gestiscono le risorse del paese. Ai poveri, comunque, un sincero augurio. I ricchi non ne hanno bisogno.
Dice la scrittrice russa Ljudmila Ulickaja: “In Russia oggi non vedo spazi di confronto, piuttosto la reciproca indifferenza. È l'ignoranza che fa paura. C'è solo qualche debole tentativo, per lo più pilotato dall'alto, di arrivare a una sembianza di dialogo. Probabilmente incide la misera cultura di chi sta ai vertici. Per un simile dialogo ci vogliono uomini di grande cultura e disposti a tollerare l'altro, il diverso. E non ne vedo molti. Per quel che posso personalmente fare, io cerco di oppormi alla prospettiva terrificante di una crescente ostilità (...). Nonostante gli sforzi, in Russia lo scenario di una crescita di ostilità è probabile, anzi imminente, e diventa ogni mese sempre più reale. Ce lo conferma la cronaca quotidiana: le guerre contro i popoli caucasici, le purghe etniche, l'uccisione di Anna Politkovskaja che difendeva la causa cecena..”. Temi tutti che i “Nasci” di Putin tengono ben chiusi negli zaini delle gite fuori porta.

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